Il modo in cui un organismo umano riesce a formarsi a partire da una singola cellula uovo, lo zigote, dal quale moltissime cellule cominciano a proliferare, è dovuto ad un meccanismo estremamente preciso chiamato regolazione genica.
La regolazione genica permette ad una cellula di esprimere un determinato pattern genetico, che si compone di geni attivi e di altri geni silenziati. Ad esempio, una cellula nervosa (neurone) e una cellula muscolare di un determinato individuo avranno lo stesso genoma, ma saranno diverse sia a livello funzionale che morfologico. Questo è dovuto al fatto che non tutti i geni sono sempre espressi: la cellula nervosa ne attiverà alcuni silenziandone altri, e lo stesso farà la cellula muscolare con altri geni.
Tuttavia, anche se la regolazione genica è un processo altamente preciso, può in alcuni casi fallire: le cellule danneggiate possono sfuggire ai meccanismi di controllo del ciclo cellulare, andandosi a replicare e proliferando inesorabilmente in formazioni tumorali.
Più di vent’anni fa, un team di ricerca dell’Università di Melbourne cominciò a studiare i processi che si verificano durante lo sviluppo dell’embrione, per capire meglio come le nostre cellule riescono a creare organismi umani completamente formati e composti da miliardi di cellule. Lo studio, iniziato come una ricerca di base guidata dalla curiosità, ha condotto alla scoperta di nuovi farmaci antitumorali.
La ricerca, pubblicata su Nature (1), ha identificato una classe di composti che impedisce alle cellule cancerose di dividersi e proliferare, inattivando la loro abilità di continuare il ciclo cellulare.
GENI TARGET. I geni “bersaglio” per questa terapia sono KAT6A e KAT6B, entrambi coinvolti nella crescita e nello sviluppo degli organismi. Questi geni controllano la proliferazione cellulare e in particolare sono importanti durante le fasi dello sviluppo embrionale, proprio per dirigere la regolazione genica.
Ma in alcuni tipi di cancro, questi stessi geni potranno, mutando, determinare una proliferazione cellulare incontrollata.
KAT6A e KAT6B e le proteine che esprimono sono quindi stati identificati come importanti “driver” in alcuni tipi di cancro, perciò bisognava identificare delle molecole in grado di bloccarne l’azione.
Per trovare le molecole giuste, i ricercatori hanno dovuto effettuare lo screening di quasi 250.000 potenziali “candidate”.
Ovviamente, era impensabile eseguire questo processo a mano, quindi il Team ha parallelamente sviluppato un algoritmo automatizzato in grado di “leggere” la sorprendente quantità di 384 molecole alla volta.
Le molecole identificate alla fine di questo processo venivano infine utilizzate in un composto per mandare le cellule tumorali in “senescenza”. Esse, infatti, non vengono uccise, ma vengono fermate nel loro percorso all’interno del ciclo cellulare, come se fossero effettivamente “addormentate”.
A differenza della chemioterapia e della radioterapia, le cellule sane non vengono danneggiate da questo farmaco.
Dai trial clinici è emerso che il composto è stato ben tollerato nei modelli animali nella fase pre-clinica e si è rivelato molto potente contro le cellule tumorali, senza avere alcun effetto su quelle sane.
In questa fase non è chiaro cosa succede alle cellule cancerose “dormienti”, ma i ricercatori sospettano che col passare del tempo potrebbero venire uccise ed eliminate dal sistema immunitario. Indurre la senescenza nelle cellule cancerose, infatti, darà al sistema immunitario una chance maggiore di eliminare queste cellule perché eventualmente saranno riconosciute come anormali.
Il composto potrebbe anche funzionare come coadiuvante nel trattamento di mantenimento post-oncologico, cioè nella fase in cui l’organismo è già stato epurato dal cancro.
Inibendo i processi specifici coinvolti nella proliferazione delle cellule cancerose, questo nuovo farmaco potrebbe aiutare a mantenere il cancro trattato in remissione. Rappresenterebbe, quindi, sia una cura di prima linea per tipi di tumori specifici, sia un’utile terapia di consolidamento per altri tipi di cancro.
NUOVI FARMACI. Questi composti molecolari si rivelerebbero particolarmente efficaci contro quei tumori in cui la proliferazione delle cellule cancerose attraverso il ciclo cellulare è guidata dai geni KAT6A e KAT6B. Questi, come abbiamo visto, quando inibiti sono in grado di bloccare la crescita delle cellule malate ed avere un effetto terapeutico.
Ad esempio, un farmaco a base di questi composti può rivelarsi un’utile arma in alcuni tipi di cancro del sangue, in cui le cellule non riescono a differenziarsi normalmente.
Nel caso della leucemia, il cancro causa la proliferazione eccessiva dei globuli bianchi, a discapito dei globuli rossi deputati al trasporto dell’ossigeno. Alla fine, l’organismo del paziente comincia a collassare per mancanza di ossigenazione agli organi.
I ricercatori australiani che hanno portato avanti questo studio ritengono che il futuro delle terapie oncologiche dovrà essere focalizzato sullo sviluppo di trattamenti specifici contro diversi pathway di differenziazione cellulare, piuttosto che continuare a sviluppare terapie universalmente applicabili a tutti i tipi di tumori.
Il prossimo step sarebbe quello di collaborare con una azienda farmaceutica per proseguire con trial clinici su pazienti affetti dagli specifici tipi di cancro in cui i geni KAT6A e KAT6B risultano mutati.